venerdì 15 giugno 2007

S. Lironi: Segnali di attenzione o sindrome da fortezza assediata?

egnali di attenzione o sindrome da fortezza assediata

Come interpretare la reazione del sindaco Zanonato all’appello “Cento firme per ritrovare i temi perduti” del programma elettorale del centro-sinistra? Nel suo intervento sulla stampa, da un lato Zanonato afferma di cogliere nell’appello “un’occasione utile per fare il punto, dopo tre anni di governo cittadino, e per aprire un confronto sul futuro”. E’ un riconoscimento positivo di quanto i firmatari esplicitamente si sono proposti che sembra aprire le porte ad un dialogo con il mondo dell’associazionismo culturale ed ambientale: un dialogo che troppo spesso in questi anni sembrava essersi deteriorato se non talvolta del tutto interrotto. Poi però, molto sbrigativamente, Zanonato tende a liquidare le argomentazioni del documento quale espressione di comitati e minoranze in grado di aggregarsi solo in un “fronte del No” o di saper vedere – giudicando l’azione dell’Amministrazione – solo il bicchiere mezzo vuoto, senza fare i conti con la carenza di risorse a disposizione degli enti locali. Per tale ragione la risposta del sindaco sembra doversi esaurire – come già avveniva con la precedente Amministrazione – nell’elenco dei molti impegni e delle molte cose fatte o avviate, a testimonianza del fatto che il bicchiere è in realtà mezzo pieno e non mezzo vuoto, e nell’elencazione – a giustificazione delle cose non fatte – degli ostacoli incontrati che ne hanno rallentato l’opera.

In verità non era questo che si chiedeva nell’appello. La questione centrale su cui riteniamo necessario avviare una verifica critica ed un serio confronto è piuttosto quella relativa agli indirizzi strategici di fondo, alla direzione di marcia verso cui si sta andando nonché quella di una valutazione realistica dell’efficacia delle azioni sin qui intraprese ai fini del raggiungimento di detti obiettivi. L’interrogativo che poniamo non riguarda tanto il grado di efficienza o inefficienza nell’azione quotidiana di governo della città, quanto piuttosto se ciò che si sta facendo risponde effettivamente alle indicazioni espresse dal programma con cui questa amministrazione ha conseguito la maggioranza dei consensi nella scorsa tornata elettorale: un programma che, in molti punti, si proponeva di imprimere una svolta radicale rispetto alle esperienze del passato. Se la direzione è cambiata, se in corso lavori si sono definite strategie diverse o talvolta opposte rispetto a quelle del programma, come riteniamo sia avvenuto – per molti aspetti – nel caso delle politiche urbanistiche, non c’è poi da meravigliarsi se si manifestano azioni anche dure di resistenza da parte di cittadini ed elettori dello stesso centrosinistra che si sentono ingannati nelle proprie aspettative e che vivono la propria resistenza non come difesa del proprio orticello, bensì come affermazione di diversi valori e come progetto di una diversa concezione dello sviluppo urbano.

Non ho certo intenzione di ripercorrere le molte specifiche argomentazioni proposte dall’appello dei cento firmatari. Può essere però utile, a titolo esemplificativo di questo diverso modo di affrontare il dibattito sul bilancio dell’azione amministrativa degli ultimi tre anni e sull’opportunità di una correzione di rotta quantomeno in alcuni settori d’intervento, richiamare uno dei principali “temi perduti” del programma del Sindaco: quello della città metropolitana. Nelle premesse del programma era chiaramente espressa l’esigenza di “pensare in grande”, di “ritornare a sognare” una città capace di futuro e punto di riferimento in Europa. Si affermava che “non ci sarà rilancio di Padova, se tutti i cittadini non saranno ammessi a partecipare alla vita civile della città”, denunciando nel contempo la pratica di governo del centrodestra caratterizzato – si diceva – da “arbitrarietà parziale nelle decisioni, appannaggio esclusivo del Sindaco e della Giunta”. A sostegno di questo ambizioso progetto di rilancio del ruolo europeo della città nella cultura, nell’economia, nell’innovazione e nell’arte, vi doveva essere la sottoscrizione di un nuovo “patto” tra la città capoluogo ed i comuni della cintura per la formazione di una “Grande Padova metropolitana”. Una città di 400.000 abitanti, fondata sul decentramento partecipativo (Quartieri come nuovi Municipi), su di un organico piano di riequilibrio dei servizi sociali di base, di diffusione della qualità urbana, sul rispetto delle grandi aree verde e delle emergenze naturalistiche e quindi su di “uno sviluppo più equilibrato sotto il profilo ambientale”: è infatti questa – per riconoscimento unanime – la dimensione in cui si può effettivamente immaginare di poter governare i processi di trasformazione e riqualificazione urbana, economica ed ambientale del nostro territorio (rete ecologica, risparmio energetico ed energie alternative, salvaguardia idraulica, agricoltura, insediamenti produttivi, residenziali e commerciali, trasporti, servizi territoriali e di base,…).

La nuova legge urbanistica regionale del 2004, con l’introduzione del PATI – Piano di Assetto Territoriale Intercomunale, ha fornito ai comuni un concreto strumento operativo per trasformare questo progetto in un processo reale (contribuendo forse anche a ridurre quelli che oggi vengono definiti gli eccessivi “costi della politica”). Gli studi per il PATI sono stati avviati, ma gli anni passano e del disegno strategico a livello intercomunale non vi è ancora traccia: nel frattempo – essendo stato stralciato dai tematismi del PATI quello dell’edilizia residenziale – ogni comune si è garantita la possibilità di continuare a sovradimensionare l’espansione delle proprie aree edificabili senza alcuna relazione con quanto avviene nei territori limitrofi e sulla base di risibili stime del fabbisogno abitativo. Ma soprattutto su questo tema, essenziale per la formazione di una nuova possibile identità urbana, non si attivato alcun reale processo partecipativo. Quantomeno per il PAT, relativo ai soli confini amministrativi del Comune di Padova, si è effettuata nei quartieri e nell’ambito di Agenda 21 – sia pure su temi circoscritti e con scarso potere deliberativo – un apprezzabile lavoro di informazione e di consultazione dei cittadini e delle associazioni. Per il PATI, sino ad oggi, tutto è invece stato rigidamente delegato ad assessori e tecnici del settore ed è persino difficile avere trasparente documentazione di quanto sin qui elaborato. Certo non è facile coordinare e far convergere le esigenze di 16 amministrazioni comunali, ma è proprio su questo terreno che il dibattito pubblico e la partecipazione – se intesa come processo di crescita politica e responsabilizzazione della comunità nel suo insieme – possono divenire il fattore determinante, possono fornire la forza d’urto per superare i particolarismi e la logica dei veti incrociati. Solo attraverso il coinvolgimento e la partecipazione attiva dei cittadini è possibile costruire un’idea condivisa di quali dovranno essere le caratteristiche del nuovo organismo metropolitano, delle priorità d’intervento e d’investimento, valutando costi e benefici delle diverse opzioni e facendo prevalere l’interesse comune su quelli localistici.


Sergio Lironi – Presidente Legambiente Padova

egnali di attenzione o sindrome da fortezza assediata

1 commento:

Anonimo ha detto...

Quello che più mi colpisce e mi rende attonito nelle politiche urbane a Padova è l’atteggiamento schizofrenico dell’atto decisionale.
Da una parte si pontifica sull’ambiente e sulla salvaguardia di esso, dall’altra si agisce con un disprezzo, una trascuratezza e, lasciatemelo dire, una ignoranza sconcertante.

Basta “cliccare” nel sito del comune alla voce “educazione ambientale” per essere sommersi di progetti, proclami, direttive, iniziative.
All’atto pratico però ci si trova a scontrarsi con la mancanza di qualsiasi strumento intellettuale indispensabile per operare in ambiti complessi quali il paesaggio. Parole come Ambiente, Paesaggio, Impatto Ambientale girano come parole vuote, intercambiabili tra loro, prive di quella base teorica che, nella progettazione, sono alla base della elaborazione delle idee e alla produzione di pensiero costruttivo.
Quante volte, anche solo pochi giorni fa, ci siamo sentiti dire: “…ma la copertura in PVC (polivinilcloruro!) possiamo colorarla di verde o bianco- verde, così avrà un impatto ambientale minore…”. Questo non lo diceva un qualsiasi consigliere di quartiere, lo diceva un Assessore. Oppure: “ …ma davanti ci mettiamo un filare di pioppi, così non si vede…” come se nel Paesaggio esistesse un “davanti”, un “dietro”, un “a destra” o un “a sinistra”.

Mi sembra di aver capito che, sempre di più, gli interventi nella città vengano decisi in modo settoriale. L’Assessorato ha una esigenza, la soddisfa, senza pensare che ormai da molti anni si parla e si pensa e si progetta all’interno di un sistema dove gli elementi che lo compongono sono legati da relazioni. Modificare una relazione significa modificare l’intero sistema.

Credo, anzi ne sono sicuro, che a Padova ci siano professionisti sensibili ma, ancora più importante, preparati che sentono l’esigenza di confrontarsi con una amministrazione illuminata, una amministrazione che non debba essere ostaggio di poteri economici forti o peggio di dinamiche elettorali. Una amministrazione che abbia l’umiltà di affermare “…non lo so, forse è meglio chiedere”, che abbia il coraggio di dire “…alla luce del confronto, ci siamo sbagliati”. Utopia? Non so, io ci voglio ancora credere.

Grazie per la possibilità d’intervento, Luciano Poli architetto.